In un mondo parallelo una donna sta affrontando una crisi esistenziale, complice, oltre ad i suoi guai personali, la figlia che da brava adolescente è in quella fase della vita in cui chiunque la vorrebbe spegnere senza neanche troppi scrupoli immergendola fino ai brufoli in un catino di fumante sterco di vacca. La madre, riordinando paccottiglia in casa, ritrova una vecchia Barbie della simpaticissima figlia, ed i suoi pensieri, emozioni e sentimenti negativi si trasmettono alla bambola, neanche fosse la melma di Ghostbusters 2.
Frattanto, in un altro Stato di questo mondo parallelo, Stato il cui nome è – guarda un po’ – Barbieland, l’avatar umana di questa bambola di plastica – la bella Margot Robbie – è intenta a vivere una stimolante e frizzante esistenza fatta di feste, ozio, futilità assortite miste ad autocompiacimento e narcisismo, il tutto condito di tanta, tanta tanta musica melensa e danza da recita di quinta elementare, sì quelle robe imbarazzanti che avete fatto – non fate finta di niente, so tutto! La sua routine zuccherata viene all’improvviso avvelenata dai pensieri negativi che via connessione in fibra le vengono trasmessi dalla bambola di cui sopra. I semi del male iniziano a diventare fiori del male, si incancreniscono sempre più insistentemente, la bella Barbie inizia a pensare a strane combinazioni di panini con carogne, divertenti nuotate in piscine piene di squali, capriole tra cumulonembi in tempesta, abbronzature da ustioni termonucleari e stimolanti sfinteri espellenti morte pressofusa. La sua festosa, banale, ripetitiva e rosea quotidianità pullulata di altre sue consimili (gli avatar delle circa 200 versioni della famosa bambola con altrettanti Ken al seguito) subìsce un irreparabile strappo.
Che strano dico io…possibile che di tutte queste nessuna era in mano ad una ragazzina in Ucraina o in Palestina? Mistero..
Irreparabilestrappo dicevo…a meno che…
A meno che, ormai diventata una brutta copia di Mercoledì Addams, la povera malcapitata protagonista non varchi i confini del suo Stato per andare negli USA. Scopo del viaggio: fare la strizzacervelli, sperando di risolvere i problemi esistenziali della padrona del suo avatar di plastica – la donna che gioca con bambola sua doppelgänger – e di conseguenza spazzare via questi nuvoloni di marroni pensieri dal suo cervello rosa, così che possa tornare a fare la fenicottera.
In questo viaggio verrà accompagnata suo malgrado dal suo fedele e friendzonatoKen (ma senza visto di ingresso come avranno fatto alla frontiera con gli USA? forse Barbieland è il Vaticano degli USA? o forse è lo Stato numero cinquantuno e tre quarti?).
In onore del più classico dei cliché sul tema del viaggio, entrambi subiranno evoluzioni, gli Stati Uniti d’America modificheranno i loro cuori e anime, tutto cambierà, per Barbie radicalmente, per Ken…beh non Kenabbastanza…
Trattasi, per chi dovesse avere ancora dei dubbi, di Barbie! Un meta-film che parla di sé stesso e della realtà che l’ha generato, rompendo la quarta parete più volte, infilando nel minestrone una quantità spropositata di ingredienti, temi enormi appena sbocconcellati che risultano dunque confusi per un risultato finale che assaggiato ti fa dire: “Sugo di merluzzo e salsicce“. Audace, a tratti intelligente, godibile…ma tutto questo finché non si scava un po’ più a fondo, e diventa come uno sputo nel pianeta Arrakis…della serie “Sì ok l’apprezzo ma che schifo lo stesso!”.
Evito di fare analisi semantiche-semiotiche-fisiche-astrofisiche del film, ce ne sono già a bizzeffe in rete, alcune talmente astruse che riescono a mettere figurativamente in bocca alla regista sempre più nuovi significati, un po’ come se Greta avesse lanciato una pallina di neve lungo un pendio e ora vede con orrore che la pallina diventata un masso rotolante di ghiaccio e significati raccolti qua e là, compattati di convinzione, stanno andando a rovinare da qualche parte inarrestabili. Purché se ne parli.
Nota bene: ho scritto mondo parallelo perché nononstante il film cerchi di ambientarsi nel nostro, il mondo del film con i suoi abitanti umani accetta senza batter ciglio l’esistenza di uno Stato come Barbieland in cui la fisica non risponde alle leggi a cui noi oltre la quarta parete siamo abituati a sottostare. Una completa identificazione dei mondi non deve presupporre la sospensione dell’incredulità a mio avviso. Ma questo è un dettaglio di poco conto.
Nota benissimo: ho scritto Stato appositamente, perché è un vero e proprio Stato, dotato di confini nazionali che chiunque può varcare liberamente, seppur seguendo un tragitto poco ortodosso e volutamente iperbolico, una popolazione fatta di Barbie (tutte intelligenti) e Ken (tutti fregnoni imbecilli), una Costituzione ed un suo sistema sociale speculare a quello del mondo reale, un matriarcato, anche se di madri non ce n’è neanche l’ombra. Per cui chiamiamolo stato femminista, non facciamo torto a nessuno. L’uomo-Ken conta come un due di picche in un torneo di bocce in salita, subisce questa quotidianità Barbiecentrica elemosinando l’attenzione della sua amata, perché sì, Ken la ama, ma Barbie se ne frega, perché è troppo impegnata a tirare avanti il paese dei balocchi e farsi i cazzi propri per perdere tempo con uno che neanche saprebbe cosa farci se dovesse trovarsela a letto. Questo perché Barbie e Ken non hanno genitali, così come le loro controparti di plastica. Tenete a mente questo dettaglio, servirà dopo.
I più arguti vedono già una parodia-satira del mondo in cui viviamo, dipinto a contrario come maschilista, sessista, in cui le donne sono relegate ad angeli del focolare, non contano assolutamente nulla, né in famiglia né in società e sono tutte idiote. Marie Curie? Rita Levi Montalcini? Margherita Hack? Samantha Cristoforetti? Madre Teresa? Maria Montessori? Marilyn Monroe? Madonna? le nostre madri? Ma figurati, tutte cretine che non contano nulla, robetta di poca importanza. Il mondo è fatto solo di uomini!
Beninteso, non sto asserendo che non ci sia una disparità nel nostro mondo attuale. Ma un conto è ammettere – pur notando l’innegabile trend positivo di incremento delle quote rosa nella storia umana – che c’è ancora da fare per livellare le disparità tra i sessi, un conto è presentare una parodia grottesca in cui l’uomo non conta assolutamente nulla e che di conseguenza vuole suggerire che sulla Terra la donna non conta nulla. L’intento della regista è di definire per contrappunto il nostro Occidente, attribuendo al nostro patriarcato le storture speculari del suo matriarcato. E francamente non mi sembra che nella nostra quotidianità le donne non contino nulla, anzi! Questo film non fa altro che mortificare i loro importanti traguardi raggiunti ed il loro valore, in nome di un messaggio sociale che distorce i traguardi da raggiungere che troppo superficialmente vengono etichettati comodamente e sbrigativamente come “parità dei sessi“. Anche un po’ paraculamente, se mi è concesso.
E perché lo fa? Come risposta mi do una metafora: un tipo in un buffet che ruba di nascosto cibo mentre ne mangia altro. Sembra discreto, in realtà è un poveraccio che mangia più degli altri.
Si nascondono in tasca i progressi sociali finora raggiunti per pretenderne altri perché ci si mostra a mani vuote. Di questo passo si va oltre il punto di equilibrio sperato, si sfora in un nuovo squilibrio dall’altra parte, in nome di un equlibrio di forma. La soluzione ad un’ingiustizia non è un’ingiustizia nuova, purché uguale e contraria.
Sentite la puzza? quella puzza che sentite ma non riuscite a capire bene di cosa è? Vorrebbe essere di denuncia sociale, ma in realtà è puzza di furbata infingarda, di accattonaggio, propinati in maniera artatamente confusa ad un vastissimo pubblico.
Propaganda? indottrinamento?
Alla fine del film il tutto si risolve con un ritorno al matriarcato, perché è ritenuto essere la base più giusta per una società equa (ma guarda un po’!!!). E la parità per cui tanto la regista e chi per/lei si prodigano e mobilitano?
Allora ecco il colpo di genio!
Per evitare un ritorno al punto di partenza e contraddire il messaggio sociale da slogan, le Barbie, avendo capito che un matriarcato forte come quello in auge all’inizio della trama non è davvero più accettabile, ormai avendo preso coscienza nella loro intelligenza e magnanimità degli effetti nefasti di tale sistema sul povero uomo-Ken, talmente esasperato dal nichilismo in cui consuma la sua inutile quotidianità da aver tentato addirittura un ġòlpe per emendare la Costituzione di Barbieland ed instaurare un regime patriarcale ad immagine e somiglianza di quello in uso nella civile società Occidentale per l’unico scopo di farsi dare un bacino sulla guancia, decidono comunque di lasciare la forma di Governo matriarcale, ma al contempo di edulcorarla con minime concessioni di autodeterminazionepolitica ai Ken, condite con una buffetto sul muso dei poveri bamboli invitandoli amorevolmente a trovare da soli il proprio valore. Perché nel nostro mondo l’uomo maschilista e sessista ha paternalisticamente riconosciuto che le cose vanno cambiate, e dunque ha magnanimanete iniziato a concedere piccoli contentini alle donne…Ursula Von der Leyen? Giorgia Meloni? Nilde Iotti? Margaret Thatcher? La Regina Elisabetta? Angela Merkel? Elisabetta Belloni? La Regina Cleopatra? Senna Marin? Condoleezza Rice? Kamala Harris? Contentini!
Perché Ken, che è un parallelo della femmina del nostro mondo, tutti i Ken-donna devono imparare ad essere sé stessi/e e ad apprezzare il proprio valore intrinseco, che prescinde dall’essere la costola staccata di una Barbie, che è un parallelo del mashio del nostro mondo. Perché i Ken-donna devono bastare a sé stessi.
Perché Ken è abbastanza…
“Io sono Kenabbastanza.” – (libera traduzione)
Non mi risulta che nel nostro mondo attuale le donne stiano elemosinando alcunché, specie ai piani alti…
Davvero nel mondo occidentale la donna è vista come un’inutile appendice dell’uomo? Così tanto si vuole sminuire il suo ruolo per propugnare un’idea così distorta del mondo reale in cui viviamo? Non nego che ci siano discriminazioni, ma non sono la regola grazie a Dio, non a livello sistemico come viene surrettiziamente suggerito nel film. Ci sono ovviamente le dovute e tristi eccezioni, ma di certo non sono la regola che questo film vuole far credere, così come nella vita reale gli uomini non sono tutti intelligenti e le donne idiote – e viceversa – come invece è imposto nel film come lettura dell’attualità sociale.
Bene, dopo questa BREVE carrellata, vorrei giusto esprimere la mia perplessità sulla citazione del film 2001 Odissea nello spazio di Kubrick (che no, non è quello del cubo! Possibile che ci sia ancora gente che di un cubo non capisca un tubo?).
La citazione in sé è divertente, ma lascia una sensazione indefinita, finché non viene spiegata dalla voce fuori campo, che mi trasforma la sensazione in una domanda…”ma non sarà un po’ fuori luogo?“. Il parallelismo è evidente. Ma è troppo forzato. Il monolite nero di Kubrick ha reso l’animale scimmiesco del film il progenitore dell’uomo. Una rivoluzione che ha del miracoloso e che ha segnato la nascita del genere umano! E la Barbie perché dovrebbe essere paragonabile ad un evento simile?
Al di là della citazione, mi sembra davvero un’esagerazione. E la sensazione aumenta quando nel corso del film si affronta l’effetto rivoluzionario e talvolta nefasto che l’avvento delle Barbie ha avuto non tanto sul mercato (unica vera rivoluzione, ma di altra specie) ma sulla psicologia delle bambine. Nella fattispecie, ci si concentra sugli effetti di inadeguatezza che una ragazzina possa aver nutrito nei confronti di un modello di perfezione propugnato dalla biondina plasticosa, effetti che si sarebbero ripercossi poi nell’adolescenza con crisi di psicosi, nevrosi, isteria, gravidanze indesiderate e gli immancabili atteggiamenti da bulla anticonformista radical chic intellettualoide rivoluzionaria.
Dio quanto è conformista essere anticonformisti!
Quindi, per voi che vedete il film, state attenti alle donne che in adolescenza hanno giocato con le Barbie, sono potenziali disagiate reiette sociopatiche represse.
Cazzo, e io che pensavo che con le bambole e pupazzi ci si giocasse!
Davvero un pezzo di plastica che rapresenta una donna bionda, ritenuta modello di donna perfetta (ma da chi poi?? perfetta secondo quale canone? come si fa ad accettare o contestare un modello di perfezione se non esiste neanche il modello stesso?) stereotipata fino al midollo è riuscita a seminare nelle povere bambine un seme di inadeguatezza che nel corso della vita è germogliato in frustrazione per non essere riuscite ad emulare la loro bambola?
Ricordate quando prima vi ho detto di tenere a mente che nel film gli avatar umani di Barbie e Ken non hanno genitali?ECCO!! Il film stesso ci ricorda che questi pezzi di plastica non sono corpo da sessualizzare!! Mentre invece il disagio denunciato nel film presuppone una sessualizzazione della bambola! Sessualizzazione che tra l’altro fatico a credere possa avvenire in un’età in cui il giocattolo è un semplice catalizzatore e paracadute in quel viaggio/distacco dalla figura protettiva dei genitori all’embrionale cuscino instabile di una personalità indipendente in divenire. Si inventano storie con i giocattoli, le bambole sono personaggi, non corpi. E se anche si vedessero corpi sessualmente desiderabili in quei pezzi di plastica in tenera età, sarebbe frutto di un inconscio incontrollabile tanto quanto le pulsioni sessuali verso i propri genitori. Non accusiamo i nostri genitori di indurre pensieri nascosti nelle nostre giovani menti, perché dunque lo si fa per un pezzo di materia inerte creata ad arte? Se fosse un effetto reale ed universale, la sua commercializzazione sarebbe un danno doloso alla psiche delle infanti. La Mattel si sta auto-denunciando? Oppure forse è un’esagerazione da usare come trovata pubblicitaria su cui imbastire un messaggio falso quanto un sepolcro imbiancato? Tra l’altro non vedo perché accusare di tal potere distorcente esclusivamente il marchio Barbie, tacendo il ruolo delle principesse Disney (per me, ad esempio, MOLTO più sessualizzate ed erotiche), le altre bambole dalle fattezze innaturali, i languidi personaggi di alcuni cartoni animati tranquillamente dati in pasto agli occhi di milioni di bambini da decenni, i manichini dei negozi di abbigliamento che fanno venire complessi di inferiorità a chiunque…a meno che non si voglia fare di questa bambola un capro espiatorio e usarlo come scusa per un prodotto da vendere agli affamati di critica miope della realtà. Cosa ci sarà tra poco? Un film sulle Polly Pocket? Io ora scusate un attimo, mi assento, vado a denunciare i manichini perché mi fanno venire i complessi!
Ma non sarà che si sta cercando a tutti i costi di fare retrologie da bar su atti spontanei, sovraccaricando di oscuri significati atti innocenti di in un’età innocente?
Cazzarola, e io povero semplice e primitivo essere scimmiesco che giocavo con pupazzi (tanto per citarne alcuni, i Winspector, gli Sbullonati, i Cavalieri dello Zodiaco) e non sono diventato poliziotto, samurai e crash-tester, cosa dovrei fare?
Eppure mi ricordo quando provavo a lanciare i Fulmini di Pegasus contro mio fratello neonato! Dov’è la mia armatura d’oro??
Insomma, ironia a parte, credo che la vita, crescendo, ci insegni che non tutto è possibile, che i piani vadano rimodulati a seconda degli inevitabili imprevisti e sorprese che il percorso ci riserva quotidianamente, assecondando le nostre reali capacità che impariamo a conoscere e scoprire nel loro progressivo divenire vivendo empiricamente la nostra esistenza. Cresciamo, ci evolviamo…solo la plastica resta uguale a sé stessa, ed è infatti una delle principali cause di inquiamento del nostro globo terracqueo.
La capacità di adattarsi fa parte del nostro DNA, e dobbiamo maturare l’umiltà di riconoscere i nostri limiti, specie quando non siamo all’altezza di aspettative indotte da fattori esterni e avulsi dalla realtà e dalle nostre reali potenzialità in divenire.
Davvero dunque le bambine son cresciute male per una bambola? è bastato così poco per rovinare le loro menti? Se fosse così, mi sento di dire che forse il problema non era poi la bambola.
Ma sospendiamo un attimo l’increduliltà e supponiamo sia davvero così.
Se bastasse davvero un pezzo di plastica umanoide a rovinare la psiche di una ragazzina, come sostiene la Mattel nel proprio film – e sottolineo, nel PROPRIO film – perché invece di fermare questo mattatoio psicologico interrompendo la produzione di bambole continua a produrne e venderne in tutto il mondo continuando ad alimentare questo genocidio consumistico di cui dimostra di essere consapevole?
Ah come dite? il film è una gigantesca trovata per far cassa e coprire debiti e perdite inflitte dalla concorrenza di mercato degli ultimi decenni in cui la Mattel ha visto erodere progressivamente il proprio patrimonio e monopolio ludico? Il film di auto-denuncia è un’operazione commerciale perché la Mattel possa far milioni e proseguire indefessa l’attività auto-denunciata?
Hai capito la Mattel! Lei indefessa, noi fessi!
Questa sì che è una faccia da vero Culo di Rubik!! Ah…scusate era tubo! NO! Era cubo!
Ci manca solo che chi mi dice che fumare sigarette fa male mi dia ora una sigaretta elettronica per farmi smetter….ehm…
Chiudo questo BREVE intervento sobrio sul contesto di totale sincerità e coerenza in cui sguazza il film con un complimento con l’unica citazione sapientemente costruita, quella al capolavoro Matrix.
Per il resto, sicuramente è un film che offre alcuni spunti di riflessione, ma convoglia delle conclusioni e dei messaggi in maniera per nulla sottile, totalmente sgarbata e sgraziata, scimmiottando tematiche profonde mascherando con denuncia sociale l’unico vero messaggio che vuole convogliare al pubblico: “Datece i soldi!”.
Interessante infine lo sdoganamento totale del fetish del piede femminile. Le estremità inferiori di Margot Robbie avranno fatto sognare migliaia di utenti, cosa di cui lei non solo è perfettamente consapevole, ma anche sapientemente compiaciuta (Quentin Tarantino sarà stato felicissimo).
Ultime considerazioni sugli attori, davvero dei professionisti fenomenali, belli e bravi, soprattutto Gosling, attore PAUROSO che qui ha regalato una performance ECCEZIONALE, un bellissimo uomo, il cui Ken è il vero motore propulsivo della trama di questo film, anche se poi la Mattel-ex-machina lo ha comunque rimesso al suo posto, all’ombra della bionda, nonostante le belle parole sull’autodeterminazione ed autostima.
Infine una nomination al miglior “Non c’entro un cazzo ma ci sto bene lo stesso” del cast, un John Cena in versione Sirenetto, così inguardabile che devo ammetterlo, quando l’ho visto ho sputato un polmone…
“I beat John Cena, and he went back to Hollywood and became a mermaid.” – Austin Theory.
Spero che la “recensione” vi sia piaciuta tanto. O almeno Kenabbastanza…